COSTRUIRE L'ALTERNATIVA

1. PREMESSA

Il nostro Circolo affronta questo congresso in una situazione difficile per tutto il Partito, e in un quadro politico profondamente mutato. Esso deve essere una tappa nel percorso che ci siamo dati per consolidare una presenza comunista sul nostro territorio e per sviluppare un'opposizione radicale al centro-destra. Da questo congresso è necessario uscire con una linea politica definita, con un progetto chiaro, con un gruppo dirigente stabile. I firmatari di questo documento, che hanno diretto in questi mesi il circolo,k indicano una proposta di lavoro e un asse di discussione, in continuità con quanto hanno cercato di costruire.

2. QUADRO POLITICO NAZIONALE


Le elezioni del 13 maggio 2001 hanno segnato un passaggio storico nella politica del nostro paese. La vittoria del centro-destra è il risultato di una alleanza fra poteri forti e ceti intermedi, cementata da Berlusconi come uomo-immagine e da Forza Italia come nuova DC, partito interclassista capace di parlare il linguaggio degli Agnelli come quello delle periferie romane. Una miscela politica fatta di neoliberismo, giustizialismo, autoritarismo. La vittoria del centro-destra è stata favorita dalla politica del centro-sinistra, che in cinque anni di governo ha fatto proprie le posizioni della destra, dalla flessibilità sul lavoro, alla guerra, alla politica sull'ordine pubblico, ai tagli allo stato sociale, alle privatizzazioni. Questa politica ha disarticolato il blocco sociale del centro-sinistra, regalando consensi alla destra o trasferendoli all'area dell'astensionismo. All'interno della sconfitta dell'Ulivo, il partito che ha pagato di più senza dubbio quello dei DS, un partito non socialdemocratico, non ancora liberaldemocratico, un partito senz'anima, che ha disintegrato la propria base sociale e oggi appare in aperta crisi. A differenza del 1994, tuttavia, la vittoria del centro-destra oggi si viene a collocare in una situazione che non è di pace sociale, ma segnata dai fermenti nelle Università e tra i metalmeccanici, e dallo sviluppo dei movimenti anti-globalizzazione. In questo quadro emerge il risultato positivo del PRC, che nonostante la forte campagna contraria e l'attenzione del "voto utile" ha conseguito un risultato buono, che non solo consente la sua sopravvivenza, ma garantisce lo spazio per un polo politico-elettorale alternativo. Il voto a RC non è un voto residuale, ma intercetta i voti di chi si oppone al bipolarismo, di chi non è disposto ad essere "normalizzato" dentro il "pensiero unico", di chi non crede alla teoria che il capitalismo sia l'unico mondo possibile. La fase politica che si sta aprendo sarà segnata, a fronte dalla crisi irreversibile della sinistra moderata (DS e CGIL), da una forte offensiva della destra contro i diritti dei lavoratori, contro lo stato sociale, contro i diritti civili e democratici dei cittadini: spetta a Rifondazione agire per riconnettere i fili di una reale opposizione politica e sociale, a partire dalla definizione di una piattaforma che sappia porsi come collante per unificare tutti settori colpiti dalle politiche antipopolari di questi anni. Per questo può essere utile costruire un fronte contro il liberismo: perché è quest'ultimo la forma concreta del capitalismo nella fase attuale, ma anche perché è su questo piano che si dispongono oggi forze e strutture non completamente anticapitalistiche, ma che, sulla base di iniziative coordinate e di riflessioni comuni, possono validamente contribuire alla ricostruzione di una soggettività anticapitalistica, riferimento stabile e credibile per un progetto di alternativa sociale. Quanto avvenuto al forum sociale mondiale di Porto Alegre lo conferma. Una sinistra nuova, in larga misura prodotto delle lotte degli ultimi anni, ha deciso di fare un salto di qualità nelle sue forme organizzative, nella sua capacità di elaborazione, nella sua coscienza. Le migliaia di delegati provenienti da tutto il mondo, riuniti a Porto Alegre, hanno alluso a questo: a una sinistra plurale nuova, in cui forze storiche del movimento operaio, desiderose di stare dentro i processi reali ell'attuale lotta di classe, e forze nuove, non attraversate dalle vicende del Novecento, hanno scelto di discutere assieme, di confrontarsi, di ascoltare e poi di stilare una agenda comune e di sperimentare lotte comuni. Senza egemonismi, senza velleitarismi, con la consapevolezza che è di una nuova unità che c'è bisogno: dal basso, su obiettivi condivisi e concreti, legati da una comune visione del mondo attuale e da una simile predisposizione a cambiarlo. Il polo antiliberista che proponiamo è soprattutto questo. Non ha molto a che fare con giustapposizioni appiccicaticce di mini-gruppi dirigenti o personalità varie. E' un progetto, invece, che intende misurarsi con il vivo della conflittualità sociale e quindi organizzarsi in base ed in funzione di quella. Un polo antiliberista oggi può nascere solo se unisce forze diverse, con un minimo di insediamento sociale, capaci di generare conflitto e, allo stesso tempo, di parlare a larghi settori di massa. Solo così è possibile avviare una vera sperimentazione, ottenere la fluidità e l'elasticità necessarie per la riuscita del progetto. Solo così è davvero possibile valorizzare una sinistra plurale. Un progetto tale ha però bisogno di una condizione dichiarata e praticata con forza: la piena autonomia dalla sinistra governativa, dalle formazioni socialdemocratiche che hanno reciso i legami simbolici, formali e sostanziali con il movimento operaio. Un polo antiliberista che pensasse di dialogare, sul piano istituzionale, in funzione di governo, con gli artefici principali della scomposizione sociale avvenuta negli ultimi dieci- quindici anni, entrerebbe in contraddizione evidente con le sue stesse prerogative e si condannerebbe automaticamente al fallimento. Questo non significa rinunciare a mantenere un dialogo con la base operaia e popolare di quei partiti. Con la consapevolezza tuttavia che quella stessa base si caratterizza oggi come un amalgama interclassista - composto da ampi settori di lavoratori ma anche da nuove figure professionali. Alcune anche legate alla new economy - e che sulla base delle sconfitte e delle delusioni subite essa ha interiorizzato il "nuovismo" moderato e neoliberale dei DS. Un'efficace politica di egemonia deve quindi rivolgersi al lavoro salariato e dipendente, alle giovani generazioni orientata a sinistra, con una proposta capace di rispondere sia alle inquietudini di tipo democratico che ad una sensibilità alle "questioni sociali", quest'ultima vincolata, nonostante tutte le trasformazioni avvenute, a una comune condizione materiale. In questa direzione bisogna evitare di confondere in un indistinto "popolo di sinistra" un ceto politico piccolo-borghese, professionalizzato e fortemente attaccato allo status sociale privilegiato conquistato attraverso i canali della politica clientelare, con una base popolare che, per quanto ideologicamente disorientata, condivide l'esigenza di fondo di costruire difese più efficaci nei confronti delle politiche neoliberiste. Non esistono soluzioni miracolose, ma solo la coscienza di dover aggredire questo nodo, quello del perpetuarsi dell'egemonia DS in settori di lavoro salariato, per poter mettere mano, con qualche speranza di successo, all'opera di ricostruzione di un movimento operaio. Per questo alimentare illusioni sulla forza del "jospinismo", rilanciare la sinistra plurale come quadro politico strategico in cui ricostruire un'immaginaria unità delle sinistre a prescindere dalla divaricazione delle prospettive politiche delle sue componenti, rischia di contribuire a una paralisi delle potenzialità anticapitalistiche del PRC e, in ultima istanza, vizia in partenza il progetto di costruire una sinistra alternativa. Al contrario, la sinistra alternativa si costruisce appunto in alternativa a quella liberale. A tale scopo è necessario che il nostro Partito si trovi pronto alla sfida che vuole intraprendere: è necessario un partito aperto, che sappia dialogare con tutte le soggettività potenziamento antiliberistiche del territorio, con le aree di proposta politica come con quelle del disagio sociale; un partito alieno da sterili settarismi e da posizioni preconcette, che sappia anche arginare la deriva istituzionalista nella quale troppo spesso si è abbandonato e restituisca alla base il ruolo che le spetta, di forza propulsiva nelle idee e nell'azione, e all'attività militante la precedenza sulla politica istituzionale; un partito che rivolga la propria attenzione e le proprie energie per radicarsi sul territorio e nei posti di lavoro e riconnettere i mille fili dispersi dell'opposizione antiliberista, senza snaturarsi, come di frequente accade, nell'affannosa e logorante ricerca di alleanze e mediazioni con le forze del centro-sinistra.

3. LA SITUAZIONE POLITICA NEL 13° MUNICIPIO


La sconfitta nelle elezioni amministrative per il Municipio viene da lontano. Essa affonda le sue radici in questi ultimi anni di governo di alleanza tra centro-sinistra e PRC. In questi anni sul nostro territorio si è andato saldando un articolato blocco sociale, costituito da proprietari di aree edificabili, piccoli e medi commercianti, imprenditori balneari, che si sono rafforzati grazie ai massaggi interventi di denaro pubblico che hanno finanziato i piani di urbanizzazione dell'entroterra e le varie opere di risistemazione del lungomare. Un blocco sociale da sempre trasversale alle varie forze politiche e rivolto secondo i momenti a favore della forze più "affidabili" per i loro interessi. Quando il centro-sinistra era al governo del Paese, della regione, Del Comune e della Provincia, questi settori avevano come riferimento i DS nelle persone di Montino e Meta (assessori ai lavori pubblici rispettivamente di Comune e Regione); quando hanno intuito il cambiamento di direzione del vento si sono spostati verso il centro-destra. Negli ultimi sei anni di governo del centro-sinistra, esclusa la parentesi riformista della presidenza Di Somma, la Circoscrizione è stata succube delle scelte di Roma su due terreni fondamenti: urbanistica e litorale. Sul terreno urbanistico con gli articoli 11 e con la 167 a Stagni si è consentita una cementificazione di milioni di metri cubi di cui il nostro territorio non aveva alcun bisogno, che sono servito solo ad aggravare il degrado ambientale, i problemi di viabilità, la carenza di servizi pubblici e sociali. Lungo il litorale è stato consentito ogni forma di abuso: piscine, palestre, trasformazione degli stabilimenti in villaggi turistici, discoteche. Non paghi di questo, si sono erogati soldi a palate ai balneari, attraverso l'affidamento delle Estati Romane, i fondi per le aperture serali degli stabilimenti, per il rifacimento della "ruota" del Kursaal. Senza considerare tutti fondi pubblici impiegati per il rinascimento. Altro gioiello è stato il progetto di risistemazione del lungomare, che altro non p che un anticipo del progetto Portoghesi, un ulteriore esempio di cementificazione del lungomare e del suo snaturamento ad uso e consumo dei balneari. E tutto questo finalizzato a una profonda trasformazione del nostro territorio, che vedrebbe l'entroterra come città dormitorio e Ostia come città del divertimento e del turismo da cui allontanare ogni forma di emarginazione e povertà. A fianco a queste scelte, nella sconfitta elettorale ha pesta una coalizione rissosa, un candidato invisibile e imposto da Roma, l'assoluta assenza di programmi e la crescente ostilità dei settori popolari del quartiere. In questo quadro politico locale l'atteggiamento del nostro gruppo circoscrizionale è stato di completo appiattimento sulle posizioni dei DS, senza alcuna capacità di autonomia e indipendenza di giudizio. Un atteggiamento che ha portato a votare a favore dell'edificazione di Stagni e della costruzione del muro sul Lungomare di Ostia ponente, scelte in netto contrasto con le posizioni sostenute da sempre dal Partito. Questo tipo di atteggiamento rispetto alla maggioranza di centro-sinistra è lo stesso che è stato mantenuto al comune nei confronti delle giunta Rutelli, avallando decisioni come la trasformazione in S:p.a. delle aziende pubbliche, le scelte urbanistiche, il finanziamento alle scuole private, e molti altri provvedimenti di stampo liberista e antipopolare tesi a ridisegnare la città secondo gli interessi dei poteri forti, e che hanno finito per aggravare la condizione delle aree di disagio sociale nonché la vivibilità e la fruibilità della città stessa. Provvedimenti che i nostri dirigenti della federazione e il nostro gruppo comunale hanno accettato passivamente per non entrare in contrasto con le forze del centro-sinistra, ma che hanno finito per snaturare il nostro ruolo di Partito Comunista e hanno allontanato i consensi della nostra base sociale. Nelle ultime elezioni comunali, infatti il nostro Partito ha subito un vero p proprio tracollo, passando dall'8,7 % del 1997 al 4,7% di oggi. Occorre inoltre rilevare che nelle elezioni comunali il Partito ha ottenuto 27000 voti in meno rispetto ai consensi conquistati a Roma nel proporzionale della Camera nelle contemporanee elezioni politiche. E' evidente in questi dati non solo un giudizio fortemente negativo da parte del nostro elettorato rispetto al comportamento dei nostri consiglieri nella maggioranza comunale, ma anche la sconfessione di una scelta politica che ha imposto, senza coinvolgere la base in nessuna reale discussione politica, il sostegno Veltroni sin dal primo turno, sottovalutando la valenza e la simbologia della candidatura a sindaco di Roma del segretario dei DS. Il nostro Circolo è sempre stato molto chiaro nel rapporto con il centro-sinistra, sia a livello circoscrizionale che comunale. Abbiamo detto con chiarezza che dopo la morte di Di Somma era necessario tornare al voto, in quanto non c'erano le condizioni per continuare l'esperienza di governo nel solco riformista sino ad allora intrapreso, mentre erano ben chiari i segnali di svolta nel governo circoscrizionale, con l'emergere delle posizioni più legate alle lobby di potere del territorio. Anche nel congresso svoltosi della scorsa estate avevamo votato all'unanimità un documento che chiedeva l'uscita dalla maggioranza circoscrizionale, esprimendo nel contempo con estrema chiarezza un giudizio negativo sulla politica della giunta Rutelli e sugli interessi che essa difendeva.

4 RILANCIO DEL CIRCOLO E PROPOSTE DI LAVORO


Questo congresso deve servire a porre le basi per il rilancio dell'attività del Circolo. Si tratto di un Congresso sollecitato dall'atteggiamento da parte di alcuni compagni e compagne, che invece di entrare nel merito delle questione politiche hanno preferito dare voce a problemi di tipo personale, arrivando anche a sottrarsi al sostegno alla campagna elettorale del Partito. Senza questa forzatura oggi avremmo potuto affrontare un dibattito largo, coinvolgente i nostri compagni e le altre realtà, su come costruire una sinistra alternativa sul nostro territorio. Già da tempo abbiamo avviato un percorso di rilancio del Circolo, in una situazione difficile in generale per il nostro Partito, e per noi in particolare, e in un quartiere grande come una città di medie dimensioni in cui vivono realtà sociali diverse e in cui sono presenti interessi molteplici. Le difficoltà sono sicuramente aumentate dalla frammentazione del mondo del lavoro e dalla scomposizione del corpo sociale. La stessa crisi della militanza determina un ostacolo nella costruzione dell'iniziativa politica. Su tale questione è necessaria una profonda riflessione intorno alle forme organizzative del Partito; probabilmente la struttura del Circolo territoriale può risultare in questa fase non sempre adeguata alla composizione di classe, e vanno approntate forme di sperimentazione di diversa aggregazione dei compagni e delle compagne. Dentro questo quadro le/i compagne/i che firmano questo documento, e che in questi ultimi ami si sono sobbarcati la responsabilità di dirigere il Circolo, hanno cercato di dare una risposta cercando di articolare quelle iniziative che, da un lato, danno la possibilità di leggere le mutazioni del territorio, e dall'altro entrano in contatto con le realtà sociali. Su questa strada abbiamo dato vita ad un'inchiesta su donne e servizi sociali, è stato approntato un opuscolo in varie lingue (inglese, francese, spagnolo, arabo, russo e polacco) sui servizi socio-sanitari e indirizzato agli immigrati, che ha riscosso un notevole successo. Stiamo cercando di trasformare la sede in una Casa dei popoli, aperta al quartiere, con gli sportelli sulla casa , il lavoro nero, e per la compilazione della dichiarazione dei redditi. Abbiamo avviato da tempo un dialogo con le altre realtà della sinistra alternativa e antagonista del territorio, dialogo che deve trovare oggi, nel mutato panorama politico, muovo slancio per l'elaborazione di una piattaforma comune. Certamente sono molti ancora i settori e gli ambiti lasciati vuoti dal nostro Partito, e moltissime le cose da fare. In questo scontiamo soprattutto il problema della scarsezza della militanza. Sta quindi alla volontà politica di tutti i compagni, tesserati e simpatizzanti, agire per riempire questi spazi vuoti nell'associazionismo, nei comitati di quartiere, nel sindacato, con la massima autonomia possibile, per contribuire, giorno dopo giorno, attraverso la propria azione e attraverso il confronto con tutti i compagni, al radicamento del Partito e alla sua crescita in termini di consenso e di capacità di elaborazione politica. Ora è dunque necessario fare un salto di qualità, dotarsi di un progetto di largo respiro che da qui ad alcuni anni possa dare dei frutti. E' necessario innanzi tutto partire dalla constatazione che i territori si intersecano tra loro, che gli spazi di vita, di lavoro, di socialità oltrepassano i confini municipali, che le problematiche sociali e ambientali tendono a coinvolgere i territori vicini. Per questo noi riteniamo che una proposta di progetto di intervento debba coinvolgere territori omogenei, e a tal fine individuiamo il territorio che va da Roma verso il mare - specificatamente i Municipi di Roma 12 e 13 e il Comune di Fiumicino - come ambito su cui costruire un'ipotesi di progetto politico-sociale in cui unificare i comunisti presenti in queste zone attorno a una serie di tematiche comuni: ambiente (litorale, riserva, nuovo PRG), lavoro (precariato), servizi sociali. Per quanto riguarda più direttamente il nostro Circolo possiamo individuare tre progetti da praticare da subito:
1 AMBIENTE:Lavorare ad un progetto di utilizzo della riserva del litorale, sia dal punto educativo ambientale che occupazionale. Rilancio della battaglia per il mare libero dal cemento, lavorando alla costituzione di un comitato cittadino.
2 LAVORO: nella frammentazione del lavoro è necessario individuare settori in cui intervenire a partire dal lavoro precario, a part-time, contratti di collaborazione, etc. Su questo terreno stiamo analizzando la possibilità di iniziare un lavoro verso i dipendenti della grande distribuzione e della ristorazione collettiva (Mc Donald's, etc.).
3 SERVIZI SOCIALI: la questione dei servizi sociali e sanitari assume un rilievo a fronte al passaggio del governo del Paese e della Regione al centro-destra; è necessario fare una mappatura di servizi socio-sanitari carenti per poi costruire percorsi di iniziativa coinvolgendo utenti e lavoratori. Sia questo punto abbiamo gia individuato alcune carenze relative al rilancio dei consultori ed ad un progetto relativo ai SERT attraverso un potenziamento ed un decentramento di questa struttura dei territori coperti della ASL RM/D e alla loro trasformazione da semplici centri di spaccio di metadone a servizi alla persona.
A fianco a questi progetti va completata la trasformazione della sede del Circolo in Casa dei popoli, con un minimo di ristrutturazione e collegandoci a quelle realtà come associazioni culturali, di immigrati, che si dichiarano disponibili ad organizzare in esso attività socio-culturali ed informative.

5 CONCLUSIONI

Da questo congresso è necessario uscire con un partito consapevole della sfida alla quale è chiamato. Un partito aperto, in grado di interloquire costruttivamente con i soggetti politici e sociali, di superare le discussioni interne per sviluppare attraverso l'iniziativa pubblica un polo antiliberista. Un partito capace di fare i conti con la propria storia, che lavori alla propria costruzione e trasformazione secondo le mutate esigenze della società. Un partito in cui la partecipazione e la democrazia siano elementi fondanti. Tutte e tutti siamo chiamati ad un forte senso di responsabilità per dare voce e gambe alla linea politica scelta da questo congresso, nell'ambito della linea politica nazionale: ogni forma di separazione non serva a far prevalere questa o quella posizione, ma solamente a danneggia il lavoro del Partito in cui tutti militano e sul cui futuro abbiamo speso in anni le nostre energie

Mauro Lenzi, Carlo Pacini, Mauro Quaglieri, Daniela Romani, Stefania Ruggeri, Paolo Tani